Un futuro per la Valsugana.

2012-10-27 (da L'Adige)

Caro de Battaglia, se «è giugno il mese del Lagorai», come ebbe a scrivere vent’anni fa nel suo libro omonimo, ottobre è il mese dove la Valsugana trentina, come in certe opere di Prati, si riappropria dei suoi colori e della sua naturale bellezza. Ripiegate plastiche e tendoni, il grembo valsuganotto ancora una volta non smentisce la sua fama di valle trentina ricca di biodiversità, tra boschi campi e orti. Mesi fa, un saggio contadino sudtirolese mi raccontava d’aver appreso da un vecchio libro di storia austriaca che gli Asburgo avevano eletto Levico e Roncegno a cittadine termali non solo per l’alta qualità delle loro acque minerali, ma anche per quella caleidoscopica presenza di prodotti agricoli di cui era ricca la nostra vallata. Un ottobre quindi tutto da godere prima dell’arrivo delle nevi, anche per l’assenza inaspettata di certe «aurore boreali» notturne, di qualche esplosione «non proprio eroica», di rumori assordanti, di quella coltre perennemente grigio-rossastra che avvolgeva da tre decenni case, scuole, campi e orti. A ricordarcelo, oggettivamente, rimane ora il «mostro», come comunemente viene identificata dai locali la Fonderia Valsugana: una sagoma triste, ma ancora inquietante per il ventilato passaggio di proprietà ed i recenti risvolti che vedono la Provincia, in procinto di devolvere un congruo contributo già deliberato a favore di Acciaieria Valsugana, a fronte dell’intervento di miglioramento degli impianti. Scelta questa tutta da verificare, se legittima o sindacabile. Sindacabile quanto la declamata riconversione per produzioni di acciai speciali, tutt’altro che «green economy», che richiederebbero quantità considerevole di nichel, cromo e molibdeno, ingentissime quantità di energia elettrica e acqua e la produzione di rumori assordanti. Eppure questa è la seconda grande occasione per scelte di politica alta per una vera riconversione economica della Valsugana da parte dell’amministrazione provinciale: acquistando l’area di proprietà Leali, nessun operaio perderebbe lo stipendio, perché impiegato per qualche anno alle bonifiche. Riqualificando successivamente, come si è fatto per Levico e Roncegno, prendendo esempio da Sirmione Terme Tutto l’Anno: lo stabilimento storico con la sua corolla di alberghi di soggiorno nella piccola penisola di Catullo e il nuovo stabilimento a Colombare, su cui pochi avevano scommesso a suo tempo, e che invece ha portato lavoro e benessere a impatto ambientale zero. 
Laura Zanetti - Telve Valsugana


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Cara Laura Zanetti, nessuno più di noi è convinto che la Valsugana debba recuperare il suo fascino e la sua funzione di valle «portante» del Trentino, invece di essere ridotta a imbuto per il traffico e sede di inquinamenti. È una valle a tutti cara, dalle potenzialità enormi, che deve ritrovare un suo equilibrio ad iniziare dall’agricoltura, troppo a lungo considerata marginale. Siamo tutti delusi. Se un impegno ventennale per la Valsugana e il Lagorai è sfociato nella pista notturna del Brocòn, così «kitsch» la tentazione di lasciare che non ci sia limite al peggio è forte. Però non bisogna scoraggiarsi, e vanno ripresi in mano tutti i problemi della Valsugana, con una scaletta di priorità. Il «vuoto» politico che si prepara anche nel Trentino può esser propizio a ripensamenti di buon senso, ed anche a un ritrovato protagonismo delle comunità locali, purché non facciano sempre il «secondo passo prima del primo», come accusava i suoi consiglieri velleitari Federico il Grande. Perché Metroland invece di sistemare «prima» la ferrovia della Valsugana? La priorità assoluta è di non farsi massacrare dal traffico stradale. Su questo sembra che la consapevolezza sia chiara, ma su questo la Valsugana deve essere anche pronta ad innalzare barricate. L’opzione veneta (una superstrada a quattro corsie con pedaggio) la distruggerebbe. Già ora lo sviluppo economico è bloccato dalla strada e passare a 35 mila veicoli al giorno sarebbe il disastro. Vaneggiare di Pirubi serve solo agli interessi dei costruttori. Nel migliore dei casi l’arteria entrerebbe in funzione fra dieci anni: una cura a paziente morto. Quanto all’acciaieria i posti di lavoro devono ritornare sacri. L’acciaieria è stata un errore, è fallimentare, va chiusa. Ma le alternative vanno esaminate. Va bene la fabbrica di riciclaggio della plastica ventilata dal sindaco di Borgo? Bisogna approfondire. Ma in Germania fanno fabbriche «pesanti» e pulite e a Riva del Garda la cartiera è diventata più che compatibile con il lago. Si apre una fase nuova: meno pasticci di saccheggio nel turismo, e più lavoro in un’industria pulita.
Franco De Battaglia
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