2013-04-12
Si ascoltano clacson,
plausi e spumanti? In realtà é un gracchiare malaugurante che diffonde la notizia della sempre più probabile futura ripresa
della produzione nella fonderia di Borgo Valsugana (leggi su Cronaca L’Adige
2013-04-10 e 2013-03-27). Ed i toni non riescono a rendere comunque trangugiabile il veleno: il
danno che l’impianto ha causato e che potrebbe continuare a causare alla valle
ed ai suoi abitanti.
Di questi tempi, é
vero, si é disposti a tutto pur di lavorare: anche a morire di cancro o a veder
spegnersi nella sofferenza i nostri familiari. Non é giusto. A Borgo, e non
solo, si accettano i disagi alla tiroide, le malattie dell’apparato
respiratorio, si tace sulle polveri che si son viste volare ovunque, si
minimizza, ci si illude o disinteressa, il cambiamento spaventa di più, cercare
le alternative é denigrato. Esisterà sempre chi, per guadagnar uno stipendio,
non esita a sacrificare i suoi ed altrui polmoni, e in primis ci saranno i padroni o i collusi pronti a sfruttarlo. Il
punto é che nessun denaro vale il dolore di una persona o di una famiglia, la
distruzione delle alternative di prosperità per le comunità o di un ecosistema.
Non c’é affatto da rallegrarsi se la fonderia riprenderà ad operare.
La propaganda può
negare l’evidenza ma rimane lampante lo stesso: l’impianto é obsoleto e, fino all'estate 2012 non
riusciva a trattenere del tutto le emissioni secondarie (fuggitive) altrettanto nocive. Il passato, che si pensava già
archiviato, ritorna a ricordarci gli effetti
di grandi fumate e sversamenti di sostanze tossiche come la diossina. Ma perché perseverare nell’inquinamento? Perché sminuire col solito “di qualcosa bisogna morire ” ? Anche se
una sola nonna, un nostro fratello, il tuo compagno o un tuo FIGLIO dovesse soffrire per
questo, ci sarebbe ancora qualcuno in questa valle assopita pronto a riaprire o a dare
soldi delle tasse di tutti a questo tipo di attività ?
Immaginiamo e
cerchiamo di costruire un futuro diverso, anche a breve, dove l’impiego potrà essere
nelle bonifiche e nello smantellamento, dal quale la proprietà potrebbe forse ricavare
perfino un profitto vendendo qualche componente. Un’evoluzione inevitabilmente
dolorosa, ma di sicuro meno del malaugurante scenario di ritorno alla produzione
di uno stabilimento siderurgico collocato in un sito totalmente inadatto alla
dispersione dei fumi. Con i mesi di fermo dell’impianto, é già cominciata un’alternativa
che potrebbe contribuire a far sviluppare meglio gli altri settori, con minor impatto
ambientale e sanitario, ai quali un territorio come quello della Valsugana é
vocato: in primo luogo il turismo sostenibile e l’agricoltura di qualità. Essi
producono già, malgrado questi tempi di crisi, crescita occupazionale e
generazione di reddito non speculativo ma degno, arduo, diffuso e radicato
nella comunità. Lo confermano i dati recentemente riportati dai media che dimostrano
un aumento degli imprenditori agricoli under 30.
Nonostante le difficoltà attuali, la stragrande
maggioranza dei cittadini e delle cittadine continuerà a fare del proprio
meglio perché ci sia migliore qualità di vita in questa stupenda terra già
troppo rovinata e respirerà sollevata solo quando la fonderia scomparirà.